Gender washing, pink washing e pinkification

di Komorebi
pinkwashing

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Termine coniato a seguito del neologismo “green washing“, il gender washing indica il tentativo da parte delle aziende di lavare la propria immagine con campagne pubblicitarie contro la discriminazione di genere o a favore delle pari opportunità, campagne dietro cui si cela come reale intento primario quello di promuovere le vendite. Una mera strategia di marketing, dunque, da non confondere però con il pink washing, che descrive invece l’azione di quei marchi che si fanno pubblicità dando il loro supporto alla ricerca contro il cancro al seno. Un altro termine ancora viene utilizzato poi per indicare la “femminilizzazione” di alcuni giocattoli o altri prodotti considerati tradizionalmente maschili, al fine di renderli più appetibili per le donne: in questo caso si parla di pinkification.
Con Chiara Cretella abbiamo analizzato diverse campagne pubblicitarie di aziende molto note che in questi anni hanno attuato la strategia del gender washing, per poi capire se esistono e come distinguere i marchi realmente impegnati da quelli che cavalcano l’onda del momento con l’unico fine di aumentare il proprio fatturato.

A seguire abbiamo parlato di parità salariale, alla luce dell’ intervento di Patricia Arquette durante la notte degli Oscar che ha denunciato la discriminazione retributiva presente tra attori e attrici di Hollywood. Successivamente, è stata un’altro nome importante, quello di Chirstine Lagarde , direttrice del Fondo Monetario Internazionale, a parlare di una vera e propria cospirazione contro lo donne. Parole molto forti basate sui dati di una recente ricerca del FMI: in più di 40 nazioni si perde più del 15% del PIL potenziale a causa delle discriminazioni nei confronti delle donne.

Ci hanno accompagato i brani di Mark Lanegan. La puntata è qui, buon ascolto!

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