Perchè dire “Ministra” può aiutare a combattere il sessismo

di Komorebi

1252863332b_316x_6ac55e773b31fe8e6cf830dbf897a2a4Declinare al femminile ruoli e mestieri non è importante solo dal punto di vista della correttezza grammaticale, ma anche e soprattutto nella formazione del nostro pensiero e nelle decisioni che prenderemo in merito alla nostra vita.

La notizia della creazione di una commissione di esperti da parte della Commissione per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, nata per combattere il sessismo veicolato dal inguaggio, non ha trovato il favore di tutti. Molte sono state le voci contrarie all’iniziativa, che hanno liquidato la questione linguistica come una semplice formalità, affermando che ci sarebbe ben altro a cui pensare. Aderire al “benaltrismo” e quindi considerare ogni proposta come secondaria rispetto ad altre azioni considerate “più importanti”, significa non comprendere che il cambiamento culturale potrà avvenire solo se si agirà contemporaneamente su più fronti. 

L’ultimo esempio di questo “benaltrismo” l’abbiamo ascoltato nel monologo che Luciana Littizzetto ha tenuto nel corso della trasmissione  “Che tempo che fa” : alla comica sono bastate quattro battute a corredo di un ragionamento approssimativo per cancellare in pochi minuti il lavoro di sensibilizzazione sul sessismo linguistico che associazioni, collettivi, enti e singoli stanno facendo da anni.

A partire da questo infelice monologo nel corso della puntata abbiamo fornito dati e indicazioni che smentiscono le affermazioni grossolanamente trattate da Littizzetto, per poi ampliare il discorso su come la lingua plasmi il nostro modo di pensare.
Perché una lingua in cui la parola “Ministro” finisce sempre per O è specchio di una società che fatica a trattare le donne in politica con lo stesso rispetto dato ai loro colleghi uomini. Perchè ciò che non viene nominato, non esiste. 

Iniziare a nominare ruoli e professioni al femminile è una piccola rivoluzione, che partendo dalla grammatica arriva molto lontano. A questo proposito abbiamo terminato la puntata con un consiglio di lettura: “Cosa faremo da grandi?” di Biemmi e Terranera, edito da Settenove Edizioni con il patrocinio dell’Unicef.

Ci hanno accompagnate i brani di Paolo Nutini, in concerto a Ferrara il 17 luglio.

Buon ascolto, potete ascoltare la puntata qui!

11 Responses to “Perchè dire “Ministra” può aiutare a combattere il sessismo”

  1. Sorry, but I do not agree!
    non è questione di come finisce una parola a determinare il sessismo: è questione di mentalità.
    E’ questione di una società abituata da sempre a ruoli maschili e ruoli femminili (se così non fosse allora alla guida di un aereo ci sarebbe un pilotO e sulla luna ci sarebbe andato un astranautO).

    E’ molto meglio l’inglese per questo: una parola è una parola e nemmeno l’articolo la identifica come maschile o femminile.

    Sono le persone ad essere sessiste, non le parole.

    Ciao
    F

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    • Ciao F, le parole sono strumenti ed è l’uso che se ne fa a renderle sessiste, razziste, offensive o al contrario paritarie, inclusive. Certamente le parole che dipingono la nostra società si sono sviluppate in un contesto sociale in cui in particolare certe professioni erano esclusivo appannaggio degli uomini. Ora teoricamente non è così, ma le resistenze sono ancora molte e declinare le professioni al femminile è uno dei modi per abituare le persone a pensare che una donna possa essere sindaca, ministra, presidente. Le parole formano l’immaginario in cui muovere la nostra fantasia nella costruzione della nostra identità, la declinazione di professioni al femminile può aiutare ad ampliare il ventaglio di possibilità.
      Parli di ruoli maschili e femminili: quindi si dice ministro perchè i ministri solitamente sono uomini, ma allora perchè allo stesso modo non si dice maestra quando un uomo insegna alle elementari? Eppure solitamente quella è una professione femminile. Perchè stona chiamare un uomo al femminile in una professione a maggioranza femminile e non stona chiamare una ministra al maschile? La lingua ci svela molti nascosti, sottintesi della nostra società. E non solo della nostra. Ne abbiamo parlato nel corso della trasmissione, se avrai voglia di ascoltarla abbiamo raccontato di come anche il neutralissimo inglese così neutro non è.
      Saluti!
      Mari

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  2. Infatti, penso che neppure un bimbo ti comunicherebbe mai di voler l’acqua se non sapesse che si dice “acqua”. Avrebbe sete e non saprebbe come chiamare quella cosa che la placherebbe. Avrebbe disagio e non saprebbe come spiegarlo. Ecco perchè è importante chiamare le cose col loro nome. Cercare sempre il nome delle cose. E chiamarle col loro nome fa ordine nei pensieri, aiuta a capire, permette di fare delle azioni e non subirle passivamente. Richiamarle consapevolmente. Agire sulle azioni=decidere. Non il contrario. – Grazie!

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  3. un ministro donna è una ministra, a me sembra normale, non capisco chi si fa tutti sti problemi. Ci sono alcuni paranoici che si lamentano che i generi maschile e femminile rischiano di sparire in un “neutro indifferenziato”..a me questo sembra anche un buon modo per smentirli

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  4. Al momento m’è impossibile ascoltare il podcast quindi non so se ne avete discusso ma vorrei sottolineare il fatto che quanti si oppongono alla declinazione femminile delle professioni, (ma anche i sedicenti antisessisti che derubricano la questione a fatto secondario e/o a questione di lana caprina), non hanno alcun problema a indicare al femminile i mestieri e/o le posizioni di lavoro subordinate. Mi spiego meglio: non è forse “buffo” che i tanti che trovano “cacofonica” la parola ‘ingegnera’ non ritengano altrettanto sgradevole all’udito la parola ‘infermiera’? “Avvocata suona male” dicono (per quanto il termine abbia ricorrenze storiche e “titolate” già nella nota preghiera del Salve Regina) operaia, invece “non suona male” mai… Perché mai le parole ministra, sindaca, fisica, assessora danno “più fastidio” di artigiana, cameriera, commessa o parrucchiera? Credo che la “cacofonia” sia dovuta anche al fatto che, per tornare al primo esempio, “ingegnera” designa un ruolo che, in qualche modo, è di comando/potere mentre “infermiera” non indica una professione con completo potere decisionale. Motivo in più per portare avanti con fermezza e convinzione la battaglia per combattere il sessismo veicolato dal inguaggio.

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    • Liquidare l’uso di una parola con un semplice “suona male” è davvero insensato: suonerà anche male, ma è grammaticalmente corretta e non si tratta di un neologismo. Se dovesse bastare questa motivazione per non utilizzare una parola corretta, allora addio grammatica :) Come molte altre ragioni, anche io credo che pure la questione “cacofonia” andrebbe esaminata più a fondo, come una delle giustificazioni che ci si dà alla resistenza al cambiamento.

      Interessante secondo noi anche le resistenze a certi neologismi rispetto altri: la parola “femminicidio” ha scatenato un mare di discussioni sulla bellezza o meno del termine, mentre altri neologismi vengono assunti e assimilati quasi senza colpo ferire (linkare, taggare, etc)..

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