Quanto è grave uno stupro?

di Komorebi

Ci offende profondamente la decisione della Corte di Cassazione a proposito dello stupro di gruppo, in cui “il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell’indagato, ma può applicare misure cautelari alternative”.

Sappiamo che parlare di carcerazione preventiva fa scivolare il dibattito sul contrasto tra una detenzione che avviene prima del giusto processo e un sistema giudiziario che dovrebbe tutelare ambo le parti, fino alla sentenza.

Sappiamo anche, però, che la carcerzione preventiva è ritenuta misura cautelare irrinunciabile  in situazioni che la giurisprudenza ha ritenuto essere di particolare gravità, come i reati che concernono la criminalità organizzata e mafiosa:  si collega dunque il carcere preventivo obbligatorio al livello di gravità dell’atto criminoso commesso.

Per questo chiediamo: quanto è grave uno stupro di gruppo nella scala di valori del nostro sistema giudiziaro?

Come spiega bene Susanna Bianconi, presidentessa della Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna in un’intervista di oggi su Radio Città Fujiko, che potete leggere ed ascoltare qui , la mancata applicazione della carcerazione preventiva offre agli autori di stupro la possibilità non solo di inquinare le prove, ma soprattutto di indurre la donna a ritirare la denuncia, facendole subire  contatti personali indesiderati e minacce dirette ed indirette.

In un documento pubblicato a questo proposito dal Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna si legge:

“L’inasprimento dei provvedimenti era stato definito proprio allo scopo di tutelare maggiormente le donne vittime di violenza, tanto più se minorenni o ostaggio «del branco». E ora invece la normativa italiana compie un clamoroso passo indietro, non garantendo la giusta distanza tra vittima e colpevole nella delicatissima fase dell’attesa del processo […] E poi che messaggio manda uno Stato che invece di procedere con convinzione nella condanna della violenza di genere trova attenuanti e «vie di fuga» per i colpevoli, senza prestare la necessaria attenzione a chi è vittima e «banalizzando» un reato dalle ripercussioni gravissime per il singolo individuo e per l’intera società?.”

In uno Stato in cui gli stupri denunciati sono appena il 3% di quelli realmente commessi, in una società che produce e accetta immagini pubblicitarie come quella riportata in questo articolo, la mancanza una cultura di genere impedisce alle persone di capire che tutte le violenze perpetrate contro le donne non sono imputabili ad “alcuni soggetti devianti”, ma risiedono nella cultura che alleva tutti noi, che ci forma e che decide di conseguenza anche su quali principi basare la nostra giurisprudenza: ricordiamo che lo stupro è ritenuto un reato contro la persona solo dal 1996. Prima di quella data lo si considerava un reato contro la morale: lo stupratore andava punito non perchè aveva inferto sofferenza e violenza ad una donna, ma semplicemente perchè col suo gesto aveva offeso la morale sociale. Sono passati 16 anni da allora, ma per cambiare la mentalità della società evidentemente serve molto più tempo. La raccapricciante evoluzione dello stupro di gruppo di Montalto di Castro è un esempio lampante di questa mentalità, incapace di condannare i colpevoli  senza se e senza ma.

Lo chiediamo di nuovo: QUANTO E’ GRAVE UNO STUPRO?

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